Assegnato il premio “Short Time”

Il concorso indetto da Francesco Ventriglia, direttore artistico della compagnia Maggio Danza, è stato vinto dal giovane coreografo Brigel Gjoka. La sua coreografia verrà prodotta e inserita nella stagione 2013-2014 del Comunale di Firenze
Premio danza “Short Time” a Firenze

Erano in otto, più che a contendersi, a mostrare il loro lavoro: un’idea coreografica in nuce, frutto di una ricerca in divenire sul movimento. Un’idea di danza da sviluppare, da far crescere, da approfondire, o da abbandonare. La seconda edizione del concorso “Short Time”, indetto da Francesco Ventriglia, direttore artistico della compagnia Maggio Danza del Comunale di Firenze, è stata vinta dal giovane coreografo Brigel Gjoka.

Il concorso è riservato ad autori giovani e meno giovani (sia anagraficamente che per esperienza coreografica), selezionati da Ventriglia, i quali presentano una creazione originale di dieci minuti ad una giuria di giornalisti e critici (e con la presenza del pubblico) nel corso di quattro serate. Ai coreografi selezionati vengono messi a disposizione uno o più danzatori di Maggio Danza, oltre alla sartoria e all'attrezzatura tecnica del Teatro. Tra le dieci proposte la giuria ha riconosciuto quasi all’unanimità a "SwTH" di Brigel Gjoka il progetto più promettente. Il premio consisterà nella produzione del balletto intero inserito nella stagione 2013-2014 del Comunale di Firenze.

Dicevamo del vincitore. L’albanese Gjoka, dopo il diploma presso la Scuola di Balletto di Tirana, si è perfezionato presso il Cannes Jeune Ballet in Francia e, dopo varie collaborazioni nel Ballet du Rhin, allo Staatstheater di Mainz, nel 2010 entra nel Nederlands Dans Theater, per un anno, prima di diventare membro della Forsythe Company, dove è attualmente impegnato. E l’influenza dello stile di William Forsythe è riscontrabile nella creazione presentata a Firenze.

«La creazione di SwTH – racconta Gjoka – corrisponde ad una migrazione di idee. Sin dalle prime battute della coreografia ho pensato a come potevo presentare, in senso dialettico, l’immediatezza tangibile della realtà e il subconscio, e come questo confronto potesse essere realizzato in un tempo molto breve, uno short time, appunto. Si è trattata di una vera sfida. Volevo porre l’uno di fronte all’altra: l’idea e l’immagine dei ricordi del passato mentre si riflettono in un possibile futuro. Ma ho dovuto fare i conti con quanto sia difficile, per la nostra mente, cancellare i diversi strati di conoscenza che si accumulano con il tempo. Volevo cogliere la diversità di questi dati di partenza, fonderli in uno, strutturarli in un insieme coerente, in grado di rendere autentica, sensibile, l’identità della coreografia, della quale l’esecutore e la componente principale. Perché egli confronta sé stesso in condizioni molto diverse».

All’inizio del pezzo, aggiunge, «il danzatore è come trattenuto dal peso delle diverse consapevolezze che trascina con sé. Eppure, nonostante queste incombenze, egli si muove, e il suo movimento sgretola i confini degli spazi che lo accerchiano; anzi, lui stesso ne crea di ulteriori. E mentre cerca di delimitare e contenere lo spazio che trova di fronte a sé, in diverse situazioni, il danzatore costruisce una nuova diversità di spazi e volumi. Così estende i limiti che gli sono posti davanti, trova nuove definizioni di sé e del proprio agire, e ancora nuovi blocchi, o divieti».

Questa figura, che si muove nelle prime battute del pezzo, è una sorta di contrappunto all’insieme del brano, e il tempo presente viene come sommerso in un continuo flash back di ricordi. «Nel costruire la forza di questo personaggio, che interroga la mia e la sua curiosità nel correre indietro nel tempo, sono stato – aggiunge Gjoka – in qualche modo ispirato da Seth che, nella mitologia egizia, è un personaggio importante: viene definito "Il Dio della tempesta", "Il protettore del Sole". In ogni caso non volevo entrare nello specifico delle tematiche relative alla mitologia, non volevo mescolare il mio percorso con l’iconografia e la dimensione narrativa che sono proprie del mito. Seth è solo un nome, un’immagine di fantasia che funge da guida in questa coreografia. Mentre si pone degli interrogativi, Seth cerca una compensazione o un nuovo collocamento, e ulteriori elementi migrano verso lo stesso problema. Cosi, ad esempio, ho deciso di coprire le tavole del palcoscenico, in modo da non creare alcuna differenza tra la collocazione "giusta" e una qualsiasi altra. In questo modo si perde la nozione stessa di posizione, si crea un senso più acuto della gravità; così il danzatore si vede costretto ad aumentare i livelli dinamici per la costruzione di una nuova architettura. Una fresca carica di energia investe il pezzo, lo sgretola, e ciò che noi vediamo, alla fine, e l’inizio dello stesso, in un eterno distruggere per ricostruire». In bocca al lupo, Brigel.

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